Sut la Cupola Camagna Monferrato

Domenica 17 settembre 2023

#PANEURBANO è PRESENTE al Mercatino dell’artigianato del territorio

ore 10.00 – 14.00

Dal 9 al 17 settembre 2023 si terrò a Camagna Monferrato la manifestazione Sut la Cupola una settimana di feste ed eventi nel centro del basso monferrato.

Concerti, Balli, Musical, Cene e Pranzi, Mercatino artigianato.

FARMER’S MARKET

MERCATO Seconda domenica del mese
Casale Monferrato (AL) FARMER’S MARKET Piazzale antistante supermercato Esselunga – mercato produttori

Orari di #Paneurbano
dalle 8.30 alle 14.00 con possibilità di pre prenotare il pane e ritirarlo il giorno del mercato

In occasione del mercato dell’antiquariato che si svolge al mercato Pavia la seconda domenica del mese, viene organizzato nella parte pedonale lato supermercato Esselunga un piccolo mercato produttori presenti dalle ore 9.00 alle 18.00.

Tra i banchi troverete : il nostro pane/formaggi della Val d’Aosta/formaggi di capra locali/riso e verdure/miele e nocciole/vino.

Riepilogando

I MERCATI FISSI

1 sabato del mese Piazza Cavour Vercelli – NaturalVercelli

dalle 8.30 alle 13.00 con possibilità di pre prenotare il pane e ritirarlo il giorno del mercato

2 domenica del mese – Casale Monferrato (AL) piazzale antistante supermercato Esselunga – mercato produttori

4 domenica del mese MERCATO DELLA TERRA – TORINO ore 9.00 – 14.00 via Fenoglietti 14 (davanti piazzale Eataly)

I GRUPPI DI ACQUISTO

Gas Cascina roccafranca

(consegna in Cascina ogni mercoledi h 17.00)

Per info e adesioni visitate la pagina web https://www.cascinaroccafranca.it/gruppi-attivi-in-cascina/

Gas Chivasso

(consegna a Chivasso ogni venerdi h 18.30) per info e adesioni visitare la pagina Fcb Gas Chivasso

Rete Gas Torino

distribuzione mensile attraverso la rete gestita da bottega Verdessenza Via San Pio V Torino

Per info e ordini chiedere di Cosimo o Alessandra (Verdessenza) 011/0230032

I CORSI

La parte dei corsi ci piace molto,

Se avete location da suggerire o corsi da proporci non esitate a contattarci e saremo ben felici di poter organizzare

Festa del grano

Domenica 9 Luglio

Dove: Az. Agricola Daniele Cesca Moncalvo (AL)

Dalle h 10.30

Necessaria prenotaione – entrata libera

Per info e prenotazione contattare il 349 5142449 o cesca.daniele@gmail.com

Sulla pagina Ig e Fcb di Paneurbano e Cesca Daniele troverete programma completo che prevede sessione di mietitura, workshop per bambini, tavola rotonda tra panificatori e contadini, buon cibo e vino e concerto.

Come abbiamo cominciato a coltivare il grano

Il progetto di coltivare la terra è nato la prima volta per gioco e dall’entusiasmo di poter vedere una filiera che cresce intorno al pane.

Ma io sono anche dell’opinione che ad ognuno il suo: al contadino la terra, al mugnaio il mulino, al fornaio il pane.

Io sono per ora solo il fornaio.

La terra però c’è e ad un certo punto anche chi ha voluto darci una mano a coltivarla per darci della farina dal nostro grano.

La prima volta è stato fatto tutto a mano, dalla semina al raccolto. Correva l’anno 2020. Avevamo un pugno di semi: una parte me l’aveva donata il compagno di pane Philippe. Si tratta di un grano tenero francese varietà Rouge de Champsors, varietà antica francese. Un’altra parte di seme era di varietà Frassineto, altra varietà antica, recuperata alla Cascina del Vento.

Abbiamo mescolato tutto e seminato a mano una striscia di terra vicino agli orti e ai frutteti di famiglia.

Il grano è cresciuto alto e rigoglioso tanto che molte persone si fermavano per capire di cosa si trattasse e da dove fosse uscito un grano così alto, il grano di tanti ricordi per alcuni. Ricordi di infanzia, di tempi quando il grano era ancora alto più di un bambino che va alle scuole elementari.

Lo abbiamo mietuto a mano coi falcetti assieme agli amici liguri Adriano e Harriet, pionieri bastiani. Ci siamo fracassati le gambe perché il grano è feroce e non solo in fase di mietitura. Abbiamo fatto covoni, caricato un piccolo cassone di un vicino che ce l’ha portato in cascina.

Lo abbiamo caricato tutto su un vecchio carretto così poteva stare al coperto e poi, mentre gli altri la domenica andavano a mare, noi lo battuto, per ottenere la granella. Non avevamo nessuna tecnologia di nessun tipo. Avevamo solo una vecchia rete di materasso, guanti, braccia e giù a battere, poco alla volta. Dopo la 1 volta e dopo esserci accorte che la polvere del grano era peggio che la sua paglia, abbiamo dovuto pure metterci una tuta integrale per non farci massacrare dall’irritaziojne cutanea che ci prese per questa polvere molesta.

Dopo varie settimane di battitura, abbiamo dovuto procedere con la pulizia

Il grano deve essere pulito da presenze varie tipo paglie, terra, corpi estranei vari altrimenti col mulino ci possono essere delle difficoltà se per esempio al mulino non possono dare una pulizia ai chicchi. Avevamo un vecchio ventolino, prezioso quanto necessario e infine abbiamo insacchettato e portato a casa.

E ora mancava solo il mulino.

Come spesso mi è successo col pane, incontrando tante persone, capita anche di avere le possibilità tra una chiacchiera e l’altra di scoprire cose interessanti e di ricordarle al momento giusto oppure di ricevere inaspettati aiuti.

Durante un mercato ad Asti, un collega che produce mais e polenta, mi parlò del mulino dove lui portava a macinare il suo mais per farci farina che però macinava anche grano e questa stessa persona si offrì anche di portarlo a macinare e così, dopo qualche settimana di attesa e tante ore di lavoro, ricevemmo il nostro sacco di farina. 1 sacco. Avrei potuto mettermi a piangere a pensare quanto lavoro c’era stato dietro ad un unico sacco di farina. In realtà era tutto reale ma io ero semplicemente gasata dall’idea di avere la mia farina che era anche la farina di chi mi aveva dato i semi, di chi mi aveva aiutato a seminare, a pulire, insacchettare e infine a trovare il mulino giusto per noi: un mulino a pietra, di piccole dimensioni che accettasse quindi anche piccole quantità di cereale.

Sembrava una storia che si ripeteva: tanta salita ma anche tante persone intorno pronte a condividerla, da quelle incontrata una volta al mercato a quelle vicine da sempre.

Dopo aver provato quindi l’ebbrezza di stringere in mano la nostra farina, c’è stato anche il ripercorrere mentalmente tutto quanto era stato necessario per arrivarci in termini di tempo, energie, organizzazione, competenze, spazio logistico e tanto altro che adesso forse non riesco nemmeno più a ricordare. La conclusione però è stata una sola: meraviglioso ma in quel modo lì anche basta e non

solo per la mancanza di risorse logistiche per gestire tutto il percorso, ma anche perché se da una striscia di grano usciva 1 sacco di grano allora forse per avere qualche sacco in più sarebbe stato necessario seminare non un pugno di semi ma qualcosa in più e ripetere tutta la faticosa magia del “fatto a mano” sarebbe stato impossibile.

Abbiamo quindi preso un anno sabbatico, non per ripensare e riprogrmmare la faccenda, ma perché è andata così e quindi abbiamo continuato a fare pane, a fare le consegne, a gestire la faccenda covid ma anche a fare tante esperienze e a mettere insieme i pezzi di queste esperienze, anche di quelle che portano il grano a fare pane.

Ho avuto possibilità di conoscere alcune persone che coltivano il loro proprio grano, che se lo macinano per poi farci il pane nel loro proprio laboratorio, ma soprattutto ho avuto la possibilità di osservare da vicino il lavoro che sta dietro, vicino, sotto e sopra i mondi di queste persone, mondi non solo progettuali o lavorativi, ma soprattutto personali, di pensiero, di ideali, di vita.

Ho avuto modo di confrontarmi con queste dimensioni di forni agricoli che poi sono diventati anche il mio come modo di lavorare ma anche forse di pensare questa esperienza pane.

Quando si iniziano i nuovi percorsi, si cercano sempre le formule magiche: le ricette, i libri, i trucchi. Si tende sempre a pensare che l’abilità sia la vera chiave del successo e che tutto stia nelle competenze acquisite, nell’esperienza maturata che non è da poco quando si sceglie di coltivare grani di genetica antica e ad un certo punto, nel mio percorso col pane, ho capito che tutto parte dalla terra. Non voglio fare filosofia in merito per quanto possa essere importante ma forse a rischio di retorica. In realtà il mio pensiero è stato mmolto più pratico: ho compreso che per avere un pane che potesse esprimersi al meglio partiva tutto dalla terra. Che tutto quello che mi esaltava nel pane che avevo assaggiato dagli amici che stimavo non era né magico, né frutto di trucchi o di corsi specializzati. Era frutto di grani.

GLI INTERLOCUTORI “GIUSTI”

Maggio 2023

Questo è un periodo di grandi riflessioni e confronti con alcuni amici panari che mi portano spesso a riconsiderare o a maturare idee su alcuni aspetti del lavoro e non solo. In particolare con l’amico Damiano Visentin di Anticamente Lab, proprio in questi giorni ci si raccontava delle rispettive esperienze nel presentare i nostri pani alle attività che li vorrebbero inserire a tavola. Il punto di vista di Damiano è spesso illuminante perchè pone sotto luce differente aspetti che caratterizzano il lavoro di quasi tutti quelli che hanno qualcosa da “vendere” ossia il proporre il risultato delle proprie fatiche ma anche delle proprie idee. Anche se siamo consapevoli che proporre un pane fatto di grani antichi con una pasta madre viva, farciti di entusiasmi circa il modo in cui i grani stessi vengano coltivati e il perchè, non sia argomento della routine giornaliera di nessuno, men che meno dei ristoratori o dei proprietari di pizzerie, caffetterie e cocktail bar. Insomma, che stiamo pedalando contro il vento che tira là fuori lo sappiamo già ma questo non ci preclude il fatto di doverci comunque confrontare col mondo che ci circonda e onestamente siamo anche ben contenti di farlo perchè del mondo in cui viviamo abbiamo ancora e sempre voglia di capire meglio e di capire di più. Da questo confronto quindi nasce a volte anche uno scontro, che avviene più spesso dentro di noi e che si verifica quando non riusciamo a comprendere come mai a fronte di parole come “E’ un gran prodotto” – “Riconosciamo che questo pane sarebbe un valore aggiunto nel nostro menu” – “E’ obiettivamente proprio differente da quello che si trova in giro”, alla fine in tasca ci rimane solo il finale di frase che inizia con una parola: PERO’… Di quello che segue a quella parola possiamo saltare la parte perchè diventerebbe noioso ma non solo; da quella parola nascono anche i nostri pensieri. Capita molto di rado di non sentire ancora oggi un moto di nervosismo nello stomaco quando ascoltiamo le argomentazioni del PERO’, ma ci rendiamo anche conto che infine hanno proprio ragione loro. E’ vero. E’ un pane talmente differente che non può andare sempre in giro ovunque, nonostante la sua gran voglia di vedere tutte le tavole del mondo e di diventare il pane di ogni quotidianità. Insomma, è un pane che forse ha solo bisogno per ora degli interlocutori giusti. Questo non significa avere bisogno di una piccola ennesima nicchia dove nascondersi e compiacersi nella “comprensione” di pochi, significa iniziare; iniziare per bene la strada che porti verso le tavole di ogni quotidianità. Credo che ci sarà ancora tanto da camminare e tanti momenti dove il nervosismo solleticherà lo stomaco e dove invece si riderà di gusto. Sarà ancora una volta questione di atteggiamento. Io personalmente quando c’è da camminare cammino e la salita mi fa venire voglia di accelerare e forse posso dirlo solo perchè ci sono buoni compagni di gamba che quando lo zaino diventa pesante o quando ho bisogno di dare il morso giusto al pane sono lì nei dintorni, oppure posso dirlo perchè quello che conta davvero non è tanto tirare la riga a fine mese e vedere quanto sono stata brava o non brava a far quadrare il bilancio (che se fosse per quello non so se potrei ritenermi promossa), ma inseguire un desiderio: quello di vedere un pane buono davvero diventare un pane buono “oggettivamente” davvero e per tutti e non perchè sia migliore degli altri ma perchè avrà difeso tutto quello in cui credo: buoni pensieri che supportano le buone pratiche che fanno bene a me perchè fanno bene alla Madre (quella con cui impasto e quella che mi circonda in tutto e per tutto detto anche Madre Terra), E’ una Rivoluzione? Prima di tutto credo che sia un atto di resistenza contro le correnti che ci sballottano di qui e di là su una superficie dove spesso si galleggia senza riuscire ad arrivare al cuore delle cose; il punto però è che si può perchè gli strumenti non mancano; non più. Quindi poche scuse, è ora di “andare”, di partire per destinazioni di senso che prevedono scelte (alcune senza troppe vie di fuga). Come direbbe l’amico Damiano Visentin: dai andemo, vegneme drio.

Mercato della terra e della Biodiversità

MERCATO Domenica 14 Maggio 2023
Mercato della terra e della biodiversità

San Giorgio Canavese (To)

Orari
dalle 9.00 alle 18.00

Nel Mercato della Terra e della Biodiversità di San Giorgio Canavese è il contenuto e la qualità a fare la differenza, dove produttori provenienti da tutta Italia, Presidi Slow Food, nazionali ed internazionali, Maestri del Gusto, Prodotti del Paniere della Provincia di Torino ed eccellenze enogastronomiche locali e non solo la fan da padrone con le loro peculiarità e tipicità, con le loro storie e tradizioni, con il loro sapere che viene reciprocamente condiviso in un’atmosfera di festa e convivialità. Il mercato si svolgerà nel cuore del paese e ad accompagnarlo ci saranno momenti di cultura e intrattenimento attraverso gli interventi nell’agorà di personalità legate al mondo dell’enogastronomia, con incursioni musicali divertenti e momenti di spettacolo, canto e ballo per le vie del paese.

Maggio in un campo di grano

I campi di grano seppur distanti pochi km l’uno dall’altro procedono su due strade molto diverse sulle quali l’acqua pare essere l’ago della bilancia.

Nel campo più vicino che chiameremo Tre Croci, è piovuto molto poco e l’escursione termica di Aprile non hanno fatto buon gioco. Il campo era stato prima coltivato con leguminose che giocano a favore della coltivazione del grano perché riescono ad arricchire il terreno in maniera naturale. Nonostante questo, il grano sta patendo e lo si vede sia dal colore, che dalla mancanza ancora di spighe che rispetto ai grani di altri campi che sono di varietà moderne lo fanno apparire sicuramente più indietro. Ma, il grano è pianta forte e se le piogge si presenteranno potra riprendersi in fretta. Per altro la cosa interessante sarà notare l’evoluzione di due campi non distanti seminati in periodi diversi. Il campo tre croci è stato seminato tra fine ottobre e inizio novembre considerato il periodo migliore per il seminante (salvo condizioni meteo troppo impervie).

Il campo di Ozzano invece è stato seminato precocemente perché a detta del seminante le semine precoci favoriscono una spigazione precoce che preserva il grano dalla mancata crescita a causa della siccità.

Ad oggi quella zona ha ricevuto più mm di acqua in modo sensibile e tutto questo ha favorito una crescita non solo differente ma palesemente rigogliosa dello stesso seme.

Anche in questo campo precedentemente c’era stata la presenza di leguminose che non avevano lavorato così bene tanto da produrre quindi il campo si può considerare un campo non solo ricco di nutrienti ma anche scarico di lavori e quindi maggiormente a riposo.

Che dire? In questo mondo climaticamente pazzo e nel quale l’agricoltura ha regole sia oggettive che soggettive che possono variare da campo a campo e da seminante a seminante, non ci resta che rimanere in attesa di ciò che verrà, anche perché se avessimo la fregola di voler accelerare qualcosa non potremo comunque farlo.

Non so cosa farà maggiore differenza ma so che sarà molto interessante continuare ad osservare.

Alla prossima

  • MIETITURA 2024 parte 1

    Siamo a metà luglio e siamo pronti per la mietitura. Come sempre è una questione di trebbia perché il grano è maturo e la stagione calda, talmente calda che mentre da noi è piovuto quando non doveva, in Sud Italia l’arsura è stata tale che i raccolti sono scarsi ma di buona qualità.Non so seContinua…


  • #Paneurbano va in vacanza

    Il forno chiude per ferie dal 29 luglio al 1 settembre 2024. Nel weekend del 1 settembre sarà possibile i vostri ordini sempre le ore 16 della domenica per la produzione del martedì. Buon agosto a tutti!


  • AcidoLab un nuovo progetto

    Eccoci al dunque! Acido ha preso forma nelle teste di #Seta sala da Te e #Paneurbano un po’ di tempo fa e adesso, dopo mesi di esperimenti, idee e riflessioni, é finalmente arrivato alla bottiglia (rigorosamente da 750) e siamo quindi felici di potervene parlare ma soprattutto di farvele assaggiare domenica 19 maggio dalle 17 alle 21Continua…


RIFLESSI #1 (del perchè e del per come il pane buono non sia considerato mai abbastanza)

Ad Aprile di quest’anno (2023) sono stata per qualche giorno a Madrid. Sono state varie volte in Spagna, quindi ho presente cosa la riguarda a grandi linee dal punto di vista culinario, ma non ero ancora stata a Madrid e con mia felice e inattesa sorpresa, sia nelle Taberne (che sono come le nostre trattorie) che nei locali più In, il cestino del pane era sempre un Signor cestino. Nella maggior parte dei locali la tovaglia non esiste quindi non si paga il coperto ma si paga il pane che io ho ritrovato essere sempre di buona qualità. Si parla di pane di grano tenero, artigianale, sicuramente non prodotto dal locale stesso, fatto con pasta madre. La cosa mi ha piacevolmente stupito e fatto pensare al fatto che la qualità di quel pane era molto superiore a quella che normalmente posso ritrovare in un qualunque locale Italico. Nel frattempo, al mio ritorno, ho avuto occasione di scambiare due chiacchiere con un caro amico, il buon Matteo, che ha vissuto per anni in Regno Unito dove era anche negli stessi giorni in cui io ero in quel di Madrid. Si trovava lì presso alcuni amici proprietari di panetterie artigianali che fanno dell’ottimo pane a pasta madre e mi diceva che il pane andava davvero molto forte. Anche in quel caso, sono rimasta piacevolmente colpita soprattutto perchè, da frequentatrice del Regno Unito fino a qualche 15 anni fa, il pane di mio ricordo e il solo che io abbia mai mangiato era quello in busta di plastica che si usa per farsi un toast.

Detto questo, la domanda, che poi ho condiviso anche ad alcuni amici di pane. è sorta in un attimo: in un paese come la Spagna dove il pane si mangia da mattina a sera ho ritrovato un pane di qualità mediamente buona e certamente più che buona nei locali; in un paese come il Regno Unito che non vanta certo tra le presenze in tavola il pane come tradizione, le panetterie che fanno il sourdough bread fanno furore e noi? Perchè qui il pane buono, quello buono per davvero, stenta così tanto a prendersi il giusto spazio? perchè si fa ancora così fatica ad acquistarlo, a trovarlo sulle tavole dei ristoranti, nei negozi?

Potrebbe aprirsi una lunga discussione, mi rendo conto, ma cercherò di essere breve e di riassumere alcune delle considerazioni e conclusioni a cui sono arrivata in questi giorni in cui i miei pensieri ho potuto per fortuna condividerli con chi ha maturato altre esperienze e in altre parti d’Italia.

Parto dalla conclusione: si tratta di un fattore culturale.

E parto dalla mia esperienza personale, che ho scoperto non essere comunque solo mia. Nella mia generazione, che è quella degli anni 80, e certamente in quella dei miei genitori e dei miei nonni, il pane in tavola non era quello fatto in casa nè quello con lievito madre. Era banalmente il pane del forno che di solito era “panaccio” comune fatto con farine bianche e lievito di birra che ancora oggi caratterizza molti forni “tradizionali” (e nessuno me ne voglia se l’ho definito panaccio). Stop. Era pane che si usava poi da mettere nel latte o per farci pangrattato perchè la sera era già secco e duro. Io sono quindi la prima che ha sempre vissuto il pane come qualcosa da acquistare tutti i giorni, da mangiare nel giro di un giorno e poi da riciclare in qualche modo se si poteva. Sono la prima che non si è mai posta il pensiero di cercare un’alternativa fino a che qualcuno mi fece anche scoprire che del pane diverso esisteva (anche se era ancora ai suoi albori) e che era differente in tutto: gusto, consistenza, benefici per il mio corpo, modo di farlo ecc. Non è stato difficile perchè era buono e anche se dovevo fare quello sforzo in più per conservarlo e gestirlo, era anche un piacere farlo perchè potevo avere il pane in tavola tutta la settimana e non essere tutti i giorni al forno o al supermercato se avevo voglia di una bruschettina. Mi rendo conto che ci è voluto un pò, ci è voluto scoprire, capire e certamente il tempo che ci ho messo per arrivare a far diventare il pane buono buono il mio pane è stato breve perchè a me è piaciuto subito tanto. Mi sono resa conto che aveva del “buono” in sè anche se dover studiare trattati di nutrizionismo. Mi bastava intrattenermi al banco al mercato e fare due chiacchiere con chi lo produceva.

Detto questo, ora che non siamo più negli anni 80 ne 90 e che io sono dall’altra parte del banco a fare la parte della fornaia, mi rendo conto che vendere un pane di grandi dimensioni nell’era delle monoporzioni, che chiedere alle persone che lo acquistano anche di gestirlo un pò per conservarlo al meglio nell’era del “non ho tempo, mi manca il tempo, devo correre, ho mille impegni”, che farlo solo due volte a settimana dovendolo prenotare e concordando un orario per le consegne nell’era del cibo pronto, disponibile 7 su 7 24h e consegnato a casa in qualsiasi orario e condizione, non sia proprio la più facile delle soluzioni. Me ne rendo conto e mi rendo quindi conto che forse la conclusione a cui siamo giunti, parlandone, io, Damiano (di Anticamente) e Manuel (di Infarinatura), sia effettivamente un fattore culturale. Se non cambia quel fattore forse non può cambiare il risultato e il pane buono buono rimarrà ancora relegato all’acquisto sporadico fatto al mercatino di turno, al “è troppo caro” dei ristoratori, al “eh ma diventa duro in un attimo o mi fa la muffa” di chi lo porta a casa. Mi rendo anche conto che non sia facile se ho sempre mangiato una ciabatta o una michetta, affrontare un pane di grani antichi o uno di segale ma mi sento anche di dire che non si sia nemmeno così difficile perchè stiamo pur sempre parlando di pane buono, quello buono per davvero, fatto con scrupolo, attenzione e coscienza non solo per il corpo ma anche per l’ambiente che sono due binari che corrono paralleli e rispetto ai quali non si può più permettersi di non prestare attenzione (o almeno io personalmente non ce la faccio).

E’ ormai imprescindibile Mangiare con la testa (come dice Damiano di Anticamente), concetto che mi piace non solo tanto ma che credo sia la vera conclusione di questa prima riflessione di oggi, perchè contiene in sè quella consapevolezza del cibo che è così necessaria sia per il nostro corpo che per quello che ci circonda che è oramai innegabile. Quello che decidiamo di mettere in tavola e e nel nostro corpo così come la Terra Madre se ne fregano del “giusto rapporto qualità prezzo” perchè l’unica logica che considerano non è quella del “giusto” ma quella de “il meglio” (il meglio possibile per il corpo e per la Terra che lo genera). Se ci chiedessimo cosa vogliamo davvero e cosa vogliamo per il nostro benessere sono certa che rispoderemo tutti IL MEGLIO e allora forse a quel meglio bisogna iniziare a pensarci e quindi a mangiare con la testa.

Per ora lancio e vi lascio con questa riflessione. Per chiunque abbia voglia di proseguire, ci si risente su questi schermi quando sarà. Io vado a far decantare ancora le idee non prima di aver ringraziato i miei compari di pensiero Damiano Visentin del progetto di pane Anticamente Lab di Roncade TV e Manuel Perego di Infarinatura Lab Art di Roma,

Ore vuar gente.

23/04/23 8.06 am